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Le valli del Monviso e la lingua Occitana
Le valli del Monviso e la lingua occitana
Testi informativi bilingue, italiano-occitano, sulla lingua occitana e sulle Valli Po, Bronda, Infernotto e Varaita. A cura della Chambra d’Oc.
Progetto finanziato dalla Pres. del Cons. dei Ministri nell’ambito degli interventi previsti dalla L.15/12/99, n.482 “Norme per la tutela delle Minoranze linguistiche storiche d’Italia”
Las valadas dal Vísol e la lenga occitana
Tèxts informatius bilíngües, en italian-occitan, sus la lenga occitana e sus las valadas Pò, Bronda, Enfernòt e Varacha. A cura de la Chambra d’Òc.
Projèct finançat da la Pres. dal Cons. di Ministres dins lo quadre di intervents previstss da la Lei 15/12/99, n.482 “Nòrmas per la tutèla des Minoranças linguísticas estòricas d’Itàlia”.
La lingua: l’Occitano
di Roberta Ferraris
La lingua occitana, o lingua d’oc, deve il suo nome alla particella affermativa òc, derivata dal latino hoc est. Questo criterio per definire un idioma fu utilizzato da Dante, che distingueva la lingua d’òc da quella d’oil (da cui deriva il francese moderno) e dall’italiano che si esprime con il sì. Dante stesso, nella Divina Commedia riporta – unico brano del poema in lingua straniera – alcuni versi in occitano che mette in bocca al poeta trovatore Arnaldo Daniello (Arnaud Danièl, XII secolo), nel XXVI canto del Purgatorio.
“Tan m’abellis vostre cortes deman,
qu’ieu no me puesc ni voill a vos cobrire.
Ieu sui Arnaut que plor e vau cantan;
consiros vei la passada folor,
e vei jausen lo joi qu’esper, denan.
Ara vos prec, per aquella valor
que vos guida al som de l’escalina,
sovenha vos a temps de ma dolor!”
trad:
Tanto mi piace la vostra cortese domanda
che non mi posso né voglio nascondere a voi.
Io sono Arnaud che piango e vado cantando;
preoccupato vedo la passata follia,
e godendo vedo davanti a me la gioia che spero.
Ora vi prego, per quel valore
che vi guida al sommo della scala,
vi sovvenga, a tempo debito, del mio dolore!
La lingua occitana è dunque una lingua neolatina, centrale rispetto all’area di diffusione di tutte le lingue derivate dal latino: l’occitano, rispetto al francese moderno, è molto più simile alla lingua di Roma. La popolazione della Francia meridionale, allora nota come Gallia Narbonensis, era tra quelle romanizzate per prime, già in epoca repubblicana, a partire dal II secolo avanti Cristo. Nell’ambito delle lingue derivate dal latino, dette anche lingue romanze, l’occitano appartiene al sottogruppo delle lingue galloromanze, che include anche il francese, il francoprovenzale e il catalano.
Su 15,6 milioni di residenti nella Grande Occitania, la comunità linguistica che parla occitano conta oggi circa due milioni di persone a cui si aggiungono circa 7 milioni in grado di comprenderlo, nonostante che l’occitano, come tutte le lingue, si differenzi in varianti regionali che sono il guascone (gascon) a sud-ovest, il linguadociano (lengadocian) a centro-sud, il provenzale (provençau) a sud-est, il limosino (lemosin) a nord-ovest, l’alverniate (auvernhat) al centro-nord e il vivaro-alpino (vivaroaupenc) o occitano alpino a nord-est. Di quest’ultimo gruppo fanno parte le parlate delle valli alpine piemontesi, cui spesso i parlanti si riferiscono più semplicemente come «lenga nòstra», o «parlar a nòstra mòda ». Perché l’occitano è una lingua e non uno dei tanti dialetti? Fa la differenza la secolare tradizione letteraria scritta della lingua d’oc.
La lenga: l’occitan
de Roberta Ferraris
La lenga occitana, o lenga d’òc, deu son nom a la particèla afermativa òc, derivaa dal latin hoc est. Aqueste critèri per definir un idiòma foguet utilizat da Dante, que distinguia la lenga d’òc d’aquela d’oil (da la quala deriva lo francés modèrn) e da l’italian que s’exprim embe lo sì. Dante mesme, dins la Divina Comèdia repòrta – solet tròç dal poèma en lenga estrangiera – qualqui vèrs en occitan que buta en gola al poèta Arnaud Danièl (sècle XII) dins lo XXVI chant dal Purgatòri.
“Tan m’abellis vostre cortes deman,
qu’ieu no me puesc ni voill a vos cobrire.
Ieu sui Arnaut que plor e vau cantan;
consiros vei la passada folor,
e vei jausen lo joi qu’esper, denan.
Ara vos prec, per aquella valor
que vos guida al som de l’escalina,
sovenha vos a temps de ma dolor!”
Tanto mi piace la vostra cortese domanda
che non mi posso né voglio nascondere a voi.
Io sono -Arnaud che piango e vado cantando;
preoccupato vedo la passata follia,
e godendo vedo davanti a me la gioia che spero.
Ora vi prego, per quel valore
che vi guida al sommo della scala,
vi sovvenga, a tempo debito, del mio dolore!
La lenga occitana es donc una lenga neolatina, centrala per rapòrt a l’àrea de difusion de totas las lengas derivaas dal latin: l’occitan, respèct al francés modèrn, es ben mai semblable a la lenga de Roma. La populacion de la França meridionala, al temp conoissua coma Gallia Narbonensis, era entre aquelas romanizaas per premieras, já en època republicana, a partir dal II sècle av. C. Dins l’encastre de las lengas derivaas dal latin, dichas decò lengas romanas, l’occitan aparten al sotgrop de las lengas galoromanas que enclui, decò lo francés, lo francoprovençal e lo catalan.
Sus 15,6 milions de residents dins l’Occitània Granda, la comunitat linguística que parla occitan còmpta encuei a pauc près dui milions de locutors, ai quals se jonton environ 7 milions en estat de lo compréner, ben que decò l’occitan, coma totas las lengas, se diferéncie en de variantas regionalas que son lo gascon a sud-oest, lo lengadocian al centre-sud, lo provençal al sud-est, lo lemosin al nòrd-oest, l’auvernhat al centre-nòrd e lo vivaro-aupenc o occitan alpin al nòrd-est. D’aqueste darrier grop fan part las parladas de las valadas alpinas dal Piemont, al qual sovent lhi parlants se riferisson mai simplament coma “lenga nòstra”, o “parlar a nòstra mòda”. Perque l’occitan es una lenga e non pas un di tanti dialècts? Fai la diferença la seculara tradicion literària escricha en lenga d’òc.
Valli Po, Bronda e Infernotto
di Roberta Ferraris
Una piccola valle per un grande fiume. Nasce dal Monviso il Po, maggiore corso d’acqua italiano, che percorre la ripida e incassata valle come tumultuoso torrente. In circa 22 km – dal Pian del Re, dove nasce – il grande fiume perde ben 1400 metri di quota. Tuttavia i motivi di interesse delle valli non sono solo il primato del fiume più grande e la cuspide inconfondibile del Re di Pietra. Le memorie artistiche del marchesato di Saluzzo sono il filo conduttore della visita, dall’abbazia di Staffarda al santuario di S. Chiaffredo a Crissolo.
Il percorso di visita
Non distante dalle sponde del Po fu fondata, nel XII secolo, l’abbazia cistercense di Staffarda, grazie a una donazione dei marchesi di Saluzzo. Il complesso è molto articolato: tra i vari edifici in stile gotico o romanico-gotico compresi nel recinto, meritano una visita la chiesa, preceduta da nartece e affiancata da un chiostro, in parte danneggiato dalle truppe francesi nel 1690. Annessi al complesso sono la Loggia del Mercato e l’Ospizio dei pellegrini, entrambi in stile gotico. L’abbazia ebbe un ruolo fondamentale nella bonifica e valorizzazione del territorio in epoca medievale, quando fu uno dei maggiori centri economici e agricoli del Piemonte.
Ci si avvicina all’imbocco della valle Infernotto proseguendo per Envie, dove si trova il castello dei Malabaila, edificato nel XIV secolo e rifatto in stile neogotico. La barocca parrocchiale dei Ss. Marcellino e Pietro conserva il campanile romanico del XII secolo. Si prosegue per Barge, che il torrente Infernotto divide nel Borgo Vecchio Superiore e Inferiore. Citata già intorno all’anno Mille, Barge sorge su luogo abitato dall’antichità, e dove forse vi era un pagus romano. Il centro storico conserva case medievali della fine del XV secolo e la monumentale parrocchiale barocca di S. Giovanni Battista, opera di Francesco Gallo (1730-38), con campanile in stile romanico lombardo, già pertinente alla pieve medievale. Sull’altura che domina il paese, addossato al Monte Bracco, sorge il castello del XII secolo, in parte distrutto dalle truppe francesi nel 1554.
Con la SP27 si prosegue per Bagnolo Piemonte, centro artigianale dove si lavora la pietra di Luserna, estratta dalle numerose cave della zona. Il paese sorgeva in origine ai piedi del castello dei Malingri (XII sec.), a Sud-Ovest dell’attuale abitato; il complesso castellano comprende anche il Palazzo o Castello Piano e un vasto parco, ed è tutt’ora di proprietà degli eredi dei conti Malingri di Bagnolo. Il Palazzo Malingri ha inglobato la più antica cappella di S. Sebastiano, dove sono stati restaurati gli affreschi del XV secolo, raffiguranti il santo titolare e un ciclo sulla Passione di Cristo. Il paese di Bagnolo, in epoca medievale aggregato al castello, si sviluppò a partire dal XVI secolo sulla piana, sul sito del convento di S. Pietro. Un campanile in stile romanico-gotico è quanto resta dell’antica chiesa del convento retto dai canonici di Oulx. La neogotica parrocchiale risale al XIX secolo.
Si raggiunge la breve valle Bronda da Saluzzo, con la SP47, che risale la valle inizialmente tra frutteti, quindi in ambiente boscoso. Poco prima di giungere a Castellar, la cappella campestre di S. Ponzo (XIII sec.) conserva affreschi della metà del XV secolo, opera di Pietro da Saluzzo. Castellar è dominato dal castello dei marchesi di Saluzzo (privato), sorto nel XV secolo su una casa-forte del secolo precedente. Al suo interno si trova un museo etnografico, visitabile con il castello in occasione della manifestazione regionale «Castelli aperti». La provinciale raggiunge quindi Pagno, che sorse intorno al monastero di S. Colombano, fondato in epoca longobarda. La chiesa attuale, distrutta durante le incursioni saracene, fu ricostruita e quindi ancora rimaneggiata nel XVIII secolo. Conserva il campanile romanico dell’XI secolo e un affresco raffigurante S. Michele, attribuito ad Hans Clemer. Alla testata della valle si trova Brondello, raccolto intorno alla Torre dell’Orologio e ai ruderi del castello. Un S. Cristoforo (XV sec.) campeggia sulla facciata della parrocchiale dell’Assunta.
Con partenza da Staffarda, l’itinerario di visita alla valle Po tocca, con la SP222, Revello, ai piedi del versante meridionale del Monte Bracco. Fu fortificato dai marchesi di Saluzzo nel XV secolo, e parte delle opere difensive sono visibili nelle mura superstiti, nella Porta Soprana, nel Rivellino e nella rocca di Bramafam. Il castello marchionale, che affaccia su piazza Denina, ospita oggi il Municipio. Fu eretto come dimora residenziale nel XV secolo, da Ludovico II e sua moglie Margherita di Foix. La cappella marchionale, in corrispondenza dell’unica torre superstite del castello, è aperta alle visite: in stile tardo-gotico, conserva affreschi attribuiti ad Hans Clemer (XVI sec.) con storie di santi e la coppia dei marchesi con i figli. Interessante, inoltre, una replica dell’ultima cena di Leonardo da Vinci, realizzata nel 1519. Sempre sulla piazza Denina, nei locali dell’ex asilo, ha sede il Museo naturalistico del fiume Po, con finalità didattiche. Ai margini occidentali dell’abitato si trova la Collegiata, costruita in stile tardo-gotico e abbellita in facciata dal portale rinascimentale, opera di Matteo Sanmicheli da Porlezza. All’interno si trovano il polittico dei Ss. Pietro e Paolo e altri santi di Hans Clemer e due altri polittici del XVI secolo, opera di Pascale Oddone.
Con la SS662, che risale la valle Po, si esce da Revello in direzione Sud, fino a Rifreddo, centro agricolo addossato al versante meridionale del monte Bracco. Vi aveva sede, nel XIII secolo, il monastero femminile cistercense di S. Maria della Stella, fondato su iniziativa dei marchesi di Saluzzo. Rimangono tracce della facciata della chiesa e dei muri perimetrali, inglobati in una cascina in via del Monastero. Risale al XV secolo il Palazzo del Comune, con una originale facciata a vela.
Oltrepassato il fiume, si tocca Sanfront, di cui si ha notizia dall’XI secolo. Sorse ai piedi del castello distrutto nel XVII secolo. Si percorre la centrale via Mazzini, con i portici medievali, fino alla parrocchiale di S. Martino, del XV secolo, ma rimaneggiata nel XIX. Della chiesa tardo-medievale conserva un affresco raffigurante una Madonna in trono all’esterno dell’abside. Si prosegue sulla statale fino alla frazione di Robella: dalla borgata Garzini, oppure dalla successiva frazione Rocchetta, si raggiunge sull’altro versante della valle, Balma Boves, insediamento rupestre sorto sotto una tecchia del monte Bracco e abitato fino agli anni ’50. Il complesso è stato restaurato ed è accessibile con visite guidate nei giorni festivi.
Si prosegue il percorso sulla SS662, fino a Paesana, che il fiume divide nei due distinti borghi di S. Margherita e S. Maria. La barocca parrocchiale di S. Maria conserva in facciata due statue del XVI secolo, raffiguranti il marchese di Saluzzo Ludovico II e un abate. Consigliabile l’escursione ad Agliasco, frazione panoramica sul Monviso. Si prosegue sulla provinciale, nella valle che si fa più stretta: i successivi paesi sorgono a mezzacosta, di norma su poggi ben esposti. Sul versante orografico destro, raggiunto da una erta strada intagliata a tratti nella roccia, Oncino è formato da varie borgate sorte tra pascoli, su un contrafforte rivolto a Sud. Il paese ha sofferto di una forte emigrazione che ha ridotto la popolazione residente. È punto di partenza per belle escursioni: la Madonna del Bel Faggio si raggiunge su sentiero in circa mezz’ora. La provinciale di fondovalle raggiunge il successivo bivio, che porta a Ostana, paese balcone disposto sul ripido pendio boscoso con varie borgate. Grandioso il panorama sul Monviso dalla borgata capoluogo (La Villa), di recente oggetto di un programma di riqualificazione urbanistica, finalizzato a conservare le tipologie architettoniche tradizionali. Nel vecchio palazzo comunale è allestito il museo etnografico Ostana – Alta valle Po, dedicato, in particolare, alla lavorazione della canapa. Sempre da La Villa, la rete di percorsi escursionistici «Le vie d’Oustano» porta a conoscere le varie borgate e le zone di pascolo. Nella borgata S. Bernardo la cappella dedicata al santo conserva un affresco databile alla fine del XV secolo.
Si prosegue verso la testata della valle toccando Crissolo, sito in una conca più aperta e anch’esso formato da varie borgate. Il paese è attrezzato con una piccola stazione per lo sci alpino. A Est del capoluogo, a quota 1417 m sorge il santuario di S. Chiaffredo, eretto sul luogo del martirio del milite della Legione Tebea. Fu eretto nel XV secolo su un edificio più antico, e conserva all’interno circa un migliaio di ex voto. La facciata neogotica è dei primi anni del XX secolo. Da Crissolo la strada prosegue oltre al paese verso Pian della Regina, quindi, sempre più erta e stretta, si inerpica fino a Pian del Re, punto di partenza per le escursioni al Monviso.
Il Parco naturale del Po
Il massiccio del Monviso e tutta l’asta fluviale del Po fanno parte del tratto cuneese del Parco regionale del Po, che tutela un’ampia fascia di territorio intorno al grande fiume, dalle Alpi fino alla pianura della Lomellina. Tra gli ambienti di maggior pregio in valle Po, vanno ricordati i laghi glaciali che alimentano la sorgente del fiume e la torbiera di Pian del Re, dove vivono rari endemismi, come la salamandra nera di Lanza. Altra zona di pregio è la confluenza del torrente Bronda con il Po, nei pressi dell’abbazia di Staffarda, caratterizzata da ampi ghiareti e boschi ripariali ancora selvaggi, in un contesto di agricoltura intensiva. Vari centri visita e aree attrezzate (esistenti e in corso di realizzazione) consentono di apprezzare questi ambienti: a Paesana, a valle del ponte; a Paracollo, al ponte Pesci Vivi, non lontano da Saluzzo, dove si trova una cascina e un’area di 19 ettari, in parte rimboschita.
Valadas Pò, Bronda e Infernòt
de Roberta Ferraris
Una pichòta valada per un grand flum. Nais dal Vísol lo Pò, lo mai grand cors d’aiga italian, que percor la valada regda e encaissa coma torrent tumultuós. En a pauc près 22 km – dal Plan dal Rei, dont pren sa sorsa – lo grand flum pèrd ben 1400 mètres de livèl. Mas lhi motius d’interès d’aquestas valadas son pas masque lo primat dal flum pus grand e la poncha inconfondibla dal rei de Peira. Las memòrias artísticas dal marquesat de Saluces son lo fil conductor de la vísita, da l’abaïa de Stafarda al santuari de Sant Chafrè a Criçòl.
Lo percors de Vísita
Pas ben luenh da las ribas dal Pò foguet fondaa, ental sècle XII l’abaïa cistercensa de Stafarda, gràcias a una donacion di marqués de Saluces. Lo complèx es ben articulat: entre lhi divèrs edificis en estil gòtic o romànic-gòtic, mériton una vísita la gleisa, precedua da nartèx e aflancaa da un clòstre, en part desbelat da las tropas francesas ental 1690. Annèx al complèx son la Lòtja dal Marchat e l’Ospici di pelegrins, tuchi dui en estil gòtic. L’abaïa a agut un ròtle fondamental dins la bonífica e valorizacion dal territòri en època medievala, quora foguet un di majors centres econòmics e agrícols dal Piemont.
Én s’avesina a l’intrada de la val Infernòt en continuant per Envie, ente se tròba lo chastèl del Malabaila, edificat ental sècle XIV e refach en estil neogòtic. La parroquiala baròca di Ss. Marcelin e Peire garda un cloquier romànic dal sècle XII. Se contínua vèrs Barge, que lo torrent Infernòt partís en Borg vielh Sobeiran e Sotan. Citaa a l’entorn de l’an Mila, Barge se dreiça sus un luec abitat despuei l’antiquitat e ente benlèu lhi avia un pagus roman. Lo centre istòric garda de maisons medievalas de la fin dal sècle XV e la monumentala parroquiala baròca de S. Joan Batista, òbra de Francesco Gallo (1730-38), embe lo cloquier en estil romànic lombard, já pertinent a la gleisa medievala. Sus l’autor que dòmina lo país, arrambat al Mont Brac, se dreiça lo chastèl dal sècle XII, en part destruch da las tropas francesas ental 1554.
Embe la SP27 se contínua per Banhòl, centre artisanal ente se trabalha la peira de Lusèrna, tiraa da las nombrosas cavas de la zòna. Lo país a l’origina se trobava ai pè dal chastèl di Malingri (sècle XII), a sud-oest dal vilatge actual; lo complèx dal chastèl compren decò lo Palais o Chastèl Plan e un vaste parc, e es encara proprietat di eretiers di conts Malingri de Banhòl. Lo Palais Malingri a englobaa la mai antica chapèla de Sant Sebastian, ente son estats restaurats lhi afrescs dal sècle XV refigurants lo sant titular e un cicle sus la passion dal Crist. Lo vilatge de Banhòl, en època medievala agregat al chastèl, a partir dal sècle XVI s’es desvolopat sus la plana, sus lo site dal convent de Sant Peire. Un cloquier en estil romàn-gòtic es çò que resta de l’anciana gleisa dal convent tengut dai canònics de Ols. La parroquiala neogòtica remonta al sècle XIX.
S’arriba a la corta val Bronda da Saluces sus la SP47, que remonta lo valon derant al metz de plantajons de frucha, puei al metz di bòscs. Pauc derant d’arribar a Chastelar, la chapèla campèstra de Sant Pons (sècle XIII) garda d’afrescs de la meitat dal sècle XV, òbra de Peire da Saluces. Chastelar es dominat dal chastèl di marqués de Saluces (privat), bastit ental sècle XV sus una casa-fòrta dal sècle precedent. Al dedins se tròba un musèu etnogràfic, visitable embe lo chastèl en ocasion de la manifestacion regionala “Castelli aperti”. La provinciala contínua vèrs Panh, naissut a l’entorn dal monastier de Sant Colomban, fondat en època longobarda. La gleisa actuala, destrucha durant las incursions sarrasinas, foguet reconstruïa e puei encara remanejaa ental sècle XV. Garda lo cloquier romànic dal sècle XI e un afresc refigurant Sant Michèl, atribuït a Hans Clemer. Al som de la valada se tròba Brondèl, rechampat a l’entorn de la Tor dal Relòtge e a las roïnas dal chastèl. Un Sant Cristòfor (sècle XV) ressòrt sus la façada de la parroquiala de l’Assompcion.
En partent da Stafarda, l’itinerari de vísita a la Val Pò trucha, embe la SP22, Revèl, ai pè dal versant a l’adrech dal Mont Brac. Foguet fortificat dai marqués de Saluces ental sècle XV e part da las òbras defensivas son visiblas dins lhi murs qu’an resistut, dins la Pòrta Sobeirana, dins lo Rivellino e dins la ròca de Bramafam. Lo chastèl marquional, que dona sus plaça Denina, òspita encuei la Maison Comuna. Foguet erejut coma demora residenciala ental sècle XV da Ludovic II e sa frema Margarida de Foish. La chapèla marquionala, en correspondença de la soleta tor dal chastèl qu’a resistut, es dubèrta a las vísitas: en estil tard-gòtic, garda d’afrescs atribuïts a Hans Clemer (sècle XVI) embe d’estòrias de sants e la cobla di marqués embe lhi filhs. Interessant, en mai d’aquò, una réplica de l’última cina de Leonardo da Vinci, realizaa ental 1519. Sempre sus plaça Denina, enti locals de l’ex asil, se tròba lo Musèu naturalístic dal flum Pò, embe de finalitats didàcticas. Al bòrd occidental dal país se tròba la Collegiala, bastia en estil tard-gòtic e abelia sus la façada dal portal renaissimental, òbra de Matteo Sanmicheli da Porlezza. Dedins se tròbon lo políctic di Ss. Peire e Paul e d’autri Sants de Hans Clemer e dui autri políctics dal sècle XVI, òbra de Pascale Oddone.
En percorrent la SS662, que remonta la Val Pò, passat Revèl én arriba a Rifrèd, centre agrícol arrambat al versant a l’adrech dal Mont Brac. Aquí lhi avia, al sècle XIII, lo monastier femenin cistercens de Santa Maria de l’Estèla, fondat sus iniciativa di marqués de Saluces. Reston de traças de la façada de la gleisa e di murs perimetrals, englobats dins una cascina en via del Monastier. Remonta al sècle XV lo Palais de la Comuna, embe una originala façada a vela.
Passat lo flum, se trucha Sanfront, dont lhi a notícia despuei lo sècle XI. Lo vilatge naisset ai pès dal chastèl destruch ental sècle XVII. Se percor la centrala via Mazzini, embe lhi pòrtics medievals, fins a la parroquiala de Sant Martin, dal sècle XV, mas remanejaa ental ‘800.De la gleisa tard-medievala garda un afresc refigurant la Madòna en tròn en de fòra de l’àbsid. Se contínua sus l’estatala fins a la ruaa de Robèla: da la ruaa di Garcin, o da d’aquela de La Roqueta, se pòl anar, en traversant lo Pò, a Balma Bòves, insediament rupèstre naissut dessot una balma dal Mont Brac e abitat fins a lhi ans ’50. Lo complèx es estat restaurat e es accessible embe de vísitas guidaas enti jorns de fèsta.
A meitat valada se tròba Païsana que lo Pò divid en dui borgs distints de Santa Marguerita e Santa Maria. La parroquiala baròca de Santa Maria garda sus la façada doas estàtuas dal sècle XVI refigurantas lo marqués de Saluces Ludovic II e un abat. Se conselha l’excursion an Alhasc, ruaa ben esguinchaa sus lo Vísol. Se contínua sus la provinciala al lòng de la valada que se fai pus estrecha: lhi vilatges se tròbon a mesa còsta, normalament sus de puei ben expausat. A l’ubac, per una via pendua e de bòt chavaa dins la peira, s’arriba a Oncin qu’es format da divèrsas ruaas al metz de pasturals, sus un contrafòrt a l’adrech. Lo vilatge a patit una fòrta emigracion e a reduch la populacion residenta. Es lo ponch de partença per de bèlas excursions: en a pauc près un’ora, per un viòl, s’arriba a la Madòna dal Bèl Faul. La provinciala al fons de la valada arriba a un’autra forcha que mena a Ostana, vilatge ben expausat a l’adrech format da divèrsas ruaas esparpalhaas sus la drechas ribas boscosas. Grandiós lo panorama sus lo Vísol da La Vila, lo cap-luec, recentement objèct d’un programa de requalificacion urbanística finalizat a gardar l’arquitectura tradicionala. Dins lo vielh palais de la comuna es alestit lo Musèu etnogràfic Ostana – auta Val Pò dedicat en particular al trabalh dal charbo. Sempre a La Vila, la ret de percors excursionístics “Las Vias d’Ostana” pòrta a conóisser las vàrias ruaas e lhi pasturals a l’entorn. Dins la ruaa de Sant Bernard la chapèla dedicaa al sant garda un afresc datable a la fin dal sècle XV.
Se contínua vèrs lo som de la valada en passant per Criçòl, butat dins una conca mai dubèrta e decò el format da divèrsas ruaas. Lo país es equipat d’una estacion d’esquí alpin. A est dal cap-luec, a 1417 m d’autessa se tròba lo santuari de Sant Chafrè, bastit sus lo luec dal martiri dal soldat de la legion tebea. Foguet erigit ental sècle XV sus un edifici mai ancian e garda dedins a pauc près un milierat de ex-vot. Da Criçòl la via monta vèrs lo Plan d’la Reina, puei, sempre pus resua e estrecha, se rampinha fins al Plan dal Rei, ponch de partença per las excursions a Vísol.
Lo Parc natural dal Pò
Lo massís dal Vísol e tot lo lòng dal Pò fan part dal tòc cuneés dal Parc regional dal Pò, que tutèla un’ampla faissa de territòri a l’entorn dal grand flum, da las Alps fins a la plana de la Lomellina. Entre lhi ambients de mai gròssa valor en Val Pò, van recordats lhi lacs glacials que alimenton la sorgent dal flum e la torbiera de Plan dal Rei, ente vivon de rars endemismes, coma la salamandra niera de Lanza. Un’autra zòna de valor es la confluença dal Bronda embe lo Pò, pas luenh de l’abaïa de Stafarda, caracterizaa da d’amples gravieras e de bòscs de riba encara salvatges, dins un contèxt d’agricultura intensiva. Divèrs centres de vísita e d’àreas atreçaa (existents o en cors de realizacion) consenton d’apreciar aquesti ambients: a Paisana, en aval dal pònt; a Paracòl, al pònt Pesci Vivi, pas luenh da Saluces, ente se tròba una cascina e un’àrea de 19 ectars, en part reboscaa.